Una risalita lungo il versante Nord occidentale della montagna di Erice passando dal sole di Martogna alla nebbia del borgo medievale. “L’abbraccio di Venere” che ha reso ancora più suggestiva l’escursione dei soci Cai tra le stradine acciottolate ed i sentieri del bosco della vetta. È stata davvero una giornata carica di emozioni e scorci mozzafiato su Trapani ed il mare delle Egadi. Il tutto condito dalle tante storie arrivate dal passato che hanno accompagnato il gruppo alla scoperta degli angoli più suggestivi del monte. La giornata di trekking per i soci ed i simpatizzanti del Cai di Erice è partita dall’area demaniale di Martogna, percorrendo inizialmente i sentieri del bosco di questo polmone ad un tiro di schioppo dal centro urbano di Trapani, immergendosi nei profumi della pineta e della macchia mediterranea del posto. Dopo essere passati dal recinto dei pony e degli asinelli il gruppo ha iniziato la risalita lungo il versante ovest della montagna, in direzione “Castellazzo”, un promontorio che domina Trapani ed il litorale di San Cusumano, per poi percorrere un reticolo di mulattiere e strade sterrate che un tempo collegavano Erice con il territorio della valle. Alcuni itinerari sono molto antichi, tant’è che è rimasto il soprannome di “vecchia strada romana” nel tratto che passa sopra Martogna dirigendosi verso pizzo Argenteria e la vetta del Monte. Secondo la tradizione in questo versante della montagna dal 249 al 241, durante le guerre puniche, si sono combattuti Romani e Cartaginesi. Uno scontro che dopo la battaglia delle Egadi vide affermare il dominio dei Romani sul mar Mediterraneo. Proseguendo la risalita lungo il lato Nord-Est della montagna il gruppo è arrivato nei pressi della torretta di San Nicola, per poi addentrarsi in una zona alberata fino al sentiero Cai 601 di Sant’Anna, dove il cammino è proseguiti verso il centro storico di Erice per arrivare, dopo essersi addentrati in una lecceta, fino a porta Trapani, l’ingresso del borgo medievale. Dopo una immancabile sosta per assaggiare le tipiche genovesi ed i dolci della tradizione conventuale ericina, gli escursionisti si sono diretti verso la sede del Cai di Erice di via Apollonis, percorrendo le vie acciottolate del borgo avvolte dalla nebbia. In una atmosfera a tratti quasi surreale. Ad accogliere il gruppo nella baita comunale il referente della sottosezione del Cai di Erice e dei Comuni dell’Agroericino Vincenzo Fazio, che ha riscaldato i partecipanti alla giornata di trekking offrendo del buon vino. E dopo il pranzo a sacco una raffinata grappa. Come sempre non sono mancati i momenti di condivisione del cibo e delle bevande. L’escursione è quindi ripresa scendendo verso il quartiere Spagnolo, per poi immergersi nei silenzi dell’antico bosco, passando da sotto le chiese di Sant’Antonio e Sant’Orsola per poi risalire verso il “piede dei diavolo”. Luoghi pieni di fascino, tra tante storie e leggende. Il tutto nel magico contesto del bosco avvolto dalla nebbia. Il che ha reso ogni scorcio particolarmente surreale. Da porta Spada l’itinerario è proseguito, lasciandosi alle spalle la chiesa medievale di Sant’Orsola, dalla via dell’Addolorata e successivamente dal sentiero che costeggia le millenarie mura elimo-puniche, passando dalle portielle, dalle lettere puniche e dai torrioni che un tempo presidiavano il centro abitato ericino. Da porta Carmine il gruppo si è diretto, sempre costeggiando la cinta muraria, verso la Matrice di Erice e da qui a porta Trapani per iniziare la discesa verso Martogna dal sentiero Cai 601. La parte finale dell’escursione è stata salutata da un tramonto da incanto sul mare delle isole Egadi, con il sole che ha salutato il gruppo del Cai di Erice lasciando nel cielo delle autentiche pennellate di arancione e glicine. Dopo avere superato il convento di Sant’Anna, che si erge su pizzo Argenteria, gli escursionisti hanno quindi fatto rientro a Martogna, con un bilancio di fine escursione niente male: circa tredici chilometri con un dislivello di circa 650 metri ed un tempo di percorrenza di poco più di sei ore. Con il gruppo che è sempre rimasto compatto e senza eccessivi sfilacciamenti. Se non per le fisiologiche soste fotografiche. Impossibile non scattare foto davanti a panorami così belli e suggestivi.

Testo a cura di Mario Torrente

Foto di Fabio Mario

 

 

Il Cai di Erice ha fatto tappa nella Riserva Naturale del Bosco della Ficuzza. I soci e simpatizzanti del Club Alpino Italiano, guidato da Rocco Chinnici, Monica Maria Cassetti e dal referente della sotto sezione ericina Vincenzo Fazio, hanno percorso i sentieri della grande area boschiva, alla scoperta delle bellezze e delle peculiarità storiche e ambientali di questa zona della Sicilia occidentale. L’escursione è partita dalla ex stazione di Ficuzza, per percorre inizialmente quella che un tempo era l’antica strada ferrata. È il tratto Godrano-Ficuzza-Ponte Drago, della linea che collegava Burgio, in provincia di Agrigento, con la stazione di Sant’Erasmo a Palermo. Da qui un tempo passavo i treni che collegavano queste zone nel cuore della Sicilia. La ex ferrovia è stata riconvertita in pista ciclabile e si può percorre in bici ed a piedi facendo una passeggiata davvero suggestiva camminando o pedalando nel verde. Ed ancora, tra i grandi alberi che avvolgono completamente escursionisti e ciclisti, si intravedono le vecchie tabelle ed una parte della struttura in legno dei binari poggiati di fronte ad un muro di contenimento dove sono ben visibili dei grandi archi. Il colpo d’occhio, attraversando questo tratto, è molto particolare. Altro momento molto suggestivo, per il contrasto tra luci ed ombre, è il passaggio nel tunnel della ex linea ferroviaria, la galleria “Portella di Cervo”. Il gruppo, dopo avere superato un altare dedicato a Santa Barbara, si è diretto verso il “Pulpito del Re”, un trono scolpito sulla roccia arenaria che il re Ferdinando IV di Borbone usava per cacciare stando seduto mentre i battitori spingevano le prede verso di lui. Un luogo decisamente suggestivo, avvolto nel verde dove non sono mancate le foto di gruppo ed i selfie. Nei pressi di questa “poltrona” reale, con tanto di scalinata, si trova un belvedere che si affaccia sulla Riserva naturale dominata da rocca Busambra. Qui si resta colpiti dal panorama che si può ammirare da questa “veranda” sulla “Riserva naturale orientata Bosco della Ficuzza, Rocca Busambra, Bosco del Cappelliere e Gorgo del Drago”, area protetta della Regione Siciliana, istituita nel 2000, la cui gestione è affidata all’Azienda Foreste e che si estende su una superficie di circa 7.398 ettari. L’escursione è quindi proseguita tra i sentieri addentrandosi nel bosco, in un contesto molto particolare, caratterizzato da grandi querce, i tronchi avvolti dal muschio e molte specie di funghi che hanno accompagnato la giornata di trekking del Cai di Erice in un itinerario ad anello di circa dieci chilometri. Tra i passaggi più particolari, l’arrampicata su un piccolo promontorio roccioso che ha regalato una vista a 360 gradi sul bosco, dominata da Rocca Busambra, con i suoi 1613 metri la cima più alta della catena dei monti Sicani e di tutta la Sicilia occidentale.Ed ancora, tra sentieri avvolti nel verde, canyon ed un’atmosfera dominata dai profumi e dai colori del bosco in autunno, ma con una luce e temperature decisamente primaverili, il trekking del Cai per il Bosco di Ficuzza, è proseguito fino ai laghetti coda di Riccio, dove il gruppo si è concesso un picnic nel prato verde a pochi metri dal grande invaso attorno al quale a cui si è sviluppata una fitta vegetazione, che ospita numerosi anfibi e uccelli acquatici. Anche questo è il regno delle querce. Ma qui si trova un esemplare monumentale di Quercus suber, con un’età stimata di circa 400 anni. Dopo il pranzo a sacco, che è stata anche l’occasione per assaggiare della frutta martorana fatta in casa ed ascolta una lettura proposta da Monica Maria Cassetti, componente del Consiglio direttivo della sottosezione del Cai di Erice e dei Comuni dell’Agroericino, l’escursione è proseguita per circa altri due chilometri e mezzo, sempre nel fitto bosco, per arrivare a Ficuzza alla “Casina Reale di cacci” fatta costruire da re Ferdinando I. Il bosco di Ficuzza era infatti la riserva di caccia del sovrano. Ed attorno al monumentale edificio, bellissimo ed imponente, che tanto ricorda ben più note e imponenti regge, è sorto il borgo di Ficuzza, dominato dalla “Casina di caccia” e dal suo grande prato verde. Che assicura un colpo d’occhio e scatti unici. Qui, con una ultima foto di gruppo con tanto di bandiera, si è conclusa la prima giornata di escursione del Cai di Erice nella Riserva del bosco di Ficuzza che è proseguita l’indomani con la risalita nella cima di Rocca Busambra, sempre guidata da Rocco Chinnici e Monica Maria Cassetti. Rocca Busambra è una delle montagne più belle della Sicilia, con la sua poderosa parete nord che domina il Bosco della Ficuzza. Questo suggestivo rilievo è è caratterizzata da un’infinità di canaloni che solcano la parete rocciosa, detti localmente “ciacche”. L’itinerario in linea è partito dall’estremità orientale della Rocca. Il gruppo ha percorso il sentiero verso ovest per piano Tramontana, arrivando cosi in una zona di pendii dolci che salgono, senza traccia obbligata, verso una spalla rocciosa che prosegue ‐ seguendo il ripido bordo della parete ‐ la cresta della Rocca fino a giungere ad una zona semi pianeggiante che conduce ad uno spiazzo poco sotto la vetta. Gli escursionisti sono quindi arrivati alla cima di Rocca Busambra, ad una altezza di 1.613 metri, godendo di una vista panoramica molto bella e spettacolare che abbraccia quasi tutta la Sicilia, dall’Etna alle Isole Egadi.

Il punto è decisamente strategico per iniziare un’escursione tra cielo e mare in una delle montagne più belle e conosciute del Mediterraneo, ricca di storia millenaria e di miti che affondano le radici nel culto di Venere, la dea dell’amore che qui, nei millenni, hanno chiamato in diversi modi. Quasi incastonata tra i giardini del Balio ed il Castello di Venere, su una rocca circondata dal verde si erge, elegante e bianca come una colomba la Torretta Pepoli, uno dei monumenti più caratteristici del borgo medievale da dove si può godere di uno dei panorami più belli sull’Agroricino, con lo sfondo sul golfo di Bonagia e monte Cofano.  erice-dal-sentieroDa qui parte un percorso di trekking, mappato dal Cai, che permette di scendere lungo i sentieri che si snodano nel versante Nord Est della montagna di Erice, raggiungendo diversi siti, a partire dai “runzi”, zona chiamata così dai numerosi rovi dove, tra agosto e settembre, è possibile raccogliere le more. La discesa continua verso la chiesa rupestre di Sant’Ippolito, una delle tante che si possono trovare percorrendo i sentieri della montagna di Erice, come Santa Maria Maggiore, che si può visitare lungo l’itinerario, anch’esso caratterizzato dalle indicazioni del Cai, che conduce a porta Spada, passando per il bosco della Casazza.  Da questo percorso è anche possibile raggiungere l’area demaniale di San Matteo e Bonagia, con la Torre della Tonnara che domina questa meravigliosa baia, con  il suo piccolo porticciolo da dove, in estate, si possono ammirare dei meravigliosi tramonti sul mare. Oppure, sempre da Sant’Ippolito, è possibile scendere in direzione Valderice da Caposcale o tornare ad Erice dalla mulattiera di porta Castellammare che risale il costone di montagna che si trova sotto il Quartiere Spagnolo. santorsolaDa qui si può proseguire verso piazza San Giovanni e quindi tornare al punto di partenza della Torretta Pepoli, oppure addentrarsi nell’antico bosco di Erice, costeggiando le chiese medievali di Sant’Antonio e Sant’Orsola e le millenarie mura elimo puniche per terminare la passeggiata, in questa autentica oasi di pace davanti la Matrice, il duomo di Erice. Praticamente a porta Trapani, l’ingresso del borgo medievale della vetta. Ma scendendo dalla Torretta Popoli è possibile raggiungere il lato dei Difali, passando da sotto la rocca del Castello di Venere e ricollegandosi al sentiero Cai 601 che conduce dritto dritto al Santuario di Sant’Anna ed all’area demaniale di Martogna per arrivare quindi al centro urbano di Casa Santa, dove si trova la stazione di imbarco della funivia.  Insomma, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Dalla Torretta Pepoli si aprono una serie di itinerari che offrono agli escursionisti la possibilità di fare delle passeggiate nella natura caratterizzate da panorami mozzafiato sull’hinterland sottostante, tra paesaggi dominati da un lato dal mare di Bonagia, dall’altro da quello di Trapani e delle isole Egadi, passando per l’Agroericino e le montagne che circondano questa piana dominata da una luce unica. La più vitata d’Europa, un territorio davvero tutto da scoprire.

 

 

 

(testo e foto di Mario Torrente)

Si potrà visitare fino al 30 giugno la mostra sulla Battaglia delle Egadi allestita a Torre di Ligny, uno dei più importanti monumenti della città di Trapani. In esposizione ci sono le anfore, elmi e monete dell’epoca oltre che due rostri recuperati nei fondali al largo dell’isola di Levanzo. Dalla terrazza della Torre, che si affaccia tra il mar Tirreno ed il Mediterraneo, grazie ad un apposito panello si può visualizzare il punto esatto dove è avvenuto lo storico scontro tra Cartaginesi e Romani. È possibile anche vedere il filmato storico sulla Battaglia delle Egadi ed il video sul recupero dei reperti. La mostra è patrocinata dall’assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana, dal Comune di Trapani, dalla Soprintendenza del mare e dall’associazione “Euploia”. L’esposizione si può visitare da martedì a sabato dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 18.30. La domenica dalle 10 alle 12.30. Chiuso il lunedì.

 

Nuovo appuntamento con le escursioni del Cai nel territorio dell’Agroericino. Il mese di giugno si è aperto con un affascinante trekking da Bonagia a San Matteo, lungo il versante Nord di monte Erice, risalendo il suggestivo sentiero che dalla nota località balneare arriva fino all’area demaniale gestita dalla Forestale, regno dell’asino pantesco e dei cavalli che girano liberi nel bosco. Un’autentica oasi ambientale caratterizzata da panorami mozzafiato su Monte Cofano e la costa dell’Agroericino, tra canaloni, ponticelli e grotte che guardano verso il blu del golfo di Bonagia. Dopo una prima salita per la mulattiera che parte da “loco secco” il gruppo si è immerso nella frescura del bosco, tra pini, conifere ed eucalipti per arrivare a quota 275 metri, nell’area pic-nic. Qui gli escursionisti hanno vistato il museo agroforestale allestito all’interno di Baglio Cusenza, dove sono esposti reperti di interessi etnografico che raccontano la storia delle comunità che hanno vissuto nelle campagne dell’Agroericino e lungo i vari versanti del monte, portando avanti le loro attività incentrate sull’agricoltura e la pastorizia. In esposizione ci sono anche uccelli e mammiferi imbalsamati provenienti da donazioni, rettili conservati in formalina, nidi di uccelli, sezioni di tronchi di alberi, piante forestali e funghi essiccati. Una vera e propria carrellata sul patrimonio naturalistico della zona. Il gruppo si è quindi spostato nella vicina chiesetta di San Matteo, risalente al XIV secolo, e nei ruderi di un oratorio paleocristiano, si presume datato tra il sesto ed il settimo secolo, che si trova sul pianoro che si affaccia su Bonagia, con il porticciolo e l’antica torre della Tonnara. Da qui si può godere di uno dei panorami più belli sull’Agroericino con sullo sfondo Monte Erice e la montagna di Sparagio, la cima più alta della provincia di Trapani con i suoi 1110 metri.

Riapre al pubblico il Castello di Punta Troia di Marettimo. L’antica struttura, uno dei simboli dell’isola, si potrà visitare dalle 10.30 alle 16.30, inizialmente nei fine settimana e successivamente tutti i giorni. Il maniero, che si affaccia in uno dei punti più suggestivi della più lontana delle Egadi, con un panorami mozzafiato da un lato sul piccolo centro abitato, dall’altro sul versante nord fino a punta Mugnone, si può raggiungere percorrendo il sentiero che parte della scalo vecchio, uno dei due porti dell’isola, per arrivare fino allo scalo maestro, passando per autentici angoli di paradiso, tra pinete e valloni che guardano verso il blu del mare. Un percorso sempre più frequentato dagli amanti del trekking che scelgono Marettimo per vivere un’esperienza unica, immersi in una natura incontaminata con il sottofondo della risacca.

Per ogni informazione utile si ci può rivolgere agli uffici della Delegazione comunale dell’isola. Il Castello di Punta Troia, edificato a strapiombo sul mare sulla cima di un suggestivo promontorio, è uno dei monumenti più antichi dell’isola e sorge sulle fondamenta di una torretta di avvistamento costruita nel IX secolo dai Saraceni. Nel XII secolo Ruggero II, re normanno di Sicilia, fortificò le postazioni difensive delle Egadi, tra le quali la torretta di Punta Troia. Nel 1600 circa, gli Spagnoli edificarono l’attuale castello, dotandolo di una grande cisterna per la raccolta d’acqua e di una chiesetta che fu chiamata Real Chiesa Parrocchiale di Marettimo. La cisterna, detta la Fossa, venne successivamente adibita dagli stessi Spagnoli a prigione per i condannati per i reati più gravi. Dalla fine del Settecento il Real Castello del Marettimo divenne un carcere per prigionieri politici, fino al 1844, quando Ferdinando II di Borbone, dopo un’ispezione, ne decise la chiusura. Fu adibito in seguito, durante i conflitti mondiali, a punto di avvistamento militare e stazione telegrafica. Restaurato, ospita da alcuni anni il Museo delle Carceri e l’Osservatorio foca monaca dell’Area marina protetta delle Isole Egadi.

 

 

(foto Mario Torrente)

Marettimo, nell’arcipelago delle Egadi, è conosciuta per la bellezza del suo mare, con le meravigliose grotte ed i fondali marini che ogni anno fanno da richiamo a tantissimi turisti. Ma l’isola offre anche molti spunti per gli amanti del trekking, grazie alla rete di sentieri che si snoda nei diversi versanti della montagna, permettendo di scoprirne gli scorci sul mar Mediterraneo. Immergendosi in una natura incontaminata, dove è possibile ammirare anche cervi e mufloni, oltre che una grande varietà di uccelli e diversi altri animali. Camminando in un contesto unico tra pinete ben curate e le tante essenze arboree che accompagno gli escursionisti nel loro “viaggio” nell’antica “Hiera”, l’isola sacra. Passando per siti e monumenti di interesse storico, come il Castello di Punta Troia e le Case Romane con la sua chiesetta bizantina, zone che si possono raggiungere partendo dal piccolo centro abitato, con le case tutte bianche ed i due porticcioli  che offrono riparo alle imbarcazioni, lo “scalo nuovo” e lo “scalo vecchio”. In questi ultimi anni Marettimo si è andata affermando sempre più come una meta per gli amanti del trekking, che ne apprezzano, oltre che il contesto ambientale, i panorami mozzafiato sul mare, con prospettive che cambiano da un versante all’altro. Immergendosi in un’oasi di quiete e pace. Dove la frenesia delle città sembra distante anni luce.

Gli escursionisti che decidono di visitare l’isola hanno davvero l’imbarazzo della scelta sul percorso da intraprendere. Una prima tappa, con poco meno di tre chilometri di salita, è quella delle Case Romane, a 250 metri di altezza sul mare, che si raggiungono dal sentiero che parte dalla fonte della “pilusa” passando per l’antico cimitero del Calvario e dal ponte di ferro. Qui le prospettive sono tutte sul paese e sul versante che guarda verso Favignana e Levanzo. Dalle case romane e possibile continuare verso pizzo Falcone, la cima più alta di Marettimo, a 686 metri di altezza, da dove si può godere di un suggestivo panorama. La risalita è ripagata da scenari di una bellezza spiazzante, soprattutto nelle belle giornate, quando si vede nitidamente l’intera costa trapanese, dominata da monte Erice e con alle sue spalle gli altri promontori, a partire da montagna Grande, Sparagio, Cofano e Monte Monaco, il promontorio che domina la spiaggia di San Vito lo Capo. Quando le condizioni di luce e visibilità sono particolarmente favorevoli da pizzo Falcone si intravedono anche le isole di Ustica e Pantelleria. Ma gli escursionisti possono anche raggiungere il Castello di Punta Troia percorrendo il sentiero che dallo scalo vecchio permette di raggiungere il versante settentrionale dell’isola. Un altro itinerario porta invece a Cala Bianca, dalle parti di Punta Mugnone, l’estremità Nord Ovest della più lontana delle Egadi. Altro itinerario è quello che porta a Punta Basano, nella parte meridionale dell’isola: in questo caso si parte dallo Scalo nuovo per dirigersi verso la spiaggetta della Praia Nacchi ed iniziare la risalita che conduce alla Carcaredda, con la sua pineta e l’area di sosta dove è possibile fare dei pic-nic in questo polmone verde tra cielo e mare. Un cammino che ha come protagonista una natura autenticamente incontaminata, sempre con il sottofondo, a distanza, della risacca. Un trekking contraddistinto dal trionfo di colori e di odori, tra le prospettive sul blu del mare ed il verde dei boschi, con la rigogliosa macchia mediterranea e la variegate essenze arboree, dove in alcuni tratti primeggia la mentuccia ed il rosmarino. Ma non solo. Un autentico tuffo in un’oasi ambientale, dove ogni angolo pulsa bellezza. Con i suoi silenzi e le suggestive atmosfere che sembrano quasi catapultare i visitatori in altre dimensioni. Dalla Carcaredda inizia la discesa verso il faro di Punta Libeccio. Anche questa è una zona da visitare, da dove tra l’altro è possibile scendere verso il mare. Magari regalandosi un tuffo rigenerante dopo una bella camminata. Un trekking, insomma, davvero tra mare e montagna, con autentici momenti di totale immersione nel verde delle pinete intervallate dominati dai promontori che svettano verso il cielo. In alcune parti, come nella zona “A” della Riserva Marina delle Egadi, le pareti rocciose sono talmente a picco sulla costa da essere chiamate “le dolomiti sul mare”. Ogni angolo, in quest’isola, ha qualcosa di unico, tutto da scoprire e vivere. In un’esperienza sensoriale che non smette mai di emozionare.

Mario Torrente

 


(foto Mario Torrente)

Continuano le escursioni del Cai di Erice nei sentieri del Trapanese. I soci ed i simpatizzanti del Club alpino italiano questa volta hanno fatto tappa nel territorio di Calatafimi, con un trekking davvero particolare che ha regalato un tuffo nei colori della primavera accompagnati dai sapori locali, immergendosi tra le bellezze di un territorio ricco di fascino e storia, tra il famoso tempio di Segesta, con la sua area archeologica sul monte Barbaro, ed il Sacrario di Pianto Romano, monumento eretto a memoria della battaglia di Calatafimi del 15 maggio del 1860 dove sono conservati i resti dei soldati garibaldini e borbonici che si affrontarono proprio in queste zone. Fu qui che Garibaldi pronunciò la celebre frase: “Bixio, qui si fa l’Italia o si muore”. Tra questi due importantissimi siti, il Tempio di Segesta ed il sacrario di Pianto Romano, si trova una vallata caratterizzata da paesaggi di campagna che in primavera regalano un trionfo di colori e odori. Dove la vita dei campi è scanditi dai ritmi di sempre, tra pastorizia ed agricoltura, regalando scorci tutti da scoprire. Passando anche tra i ponti, le gallerie ed i sottopassaggi della vecchia linea ferrata “Salemi-Calatafimi” degli anni Venti. Costeggiando terreni coltivati, agrumeti, frutteti ed orti. E dove, fermandosi in qualche caseificio, è possibile gustare siero e ricotta fresca. Oppure del buon formaggio accompagnato dal miele prodotto in quella vallata, tra le più particolari e suggestive della Sicilia, che offre tanti spunti per dei trekking unici, passando per i boschi di Angimbè e Monte Pispisa, quest’ultimi con i suoi panorami mozzafiato sul tempio di Segesta. O ancora per il vallone della Fusa o addentrandosi nelle campagne di Calatafimi camminando con il sottofondo del torrente Gaggera, passeggiando tra gli aranceti, le viti, gli uliveti ed i campi coltivati ad ortaggi o con alberi da frutto. O ancora ammirando gli scorci su Calatafimi ed il vicino Castello Eufemio. Un mondo davvero tutto da scoprire. Passo dopo passo, respirando l’aria salubre di questi luoghi, che pulsano davvero di antico e mitico, tra le tante leggende e le pagine di storia che sono state scritte proprio qui.

 

(foto e testo Mario Torrente)

Il territorio dell’Agroericino, con i suoi 110 chilometri di sentieri per i promontori ed i boschi del territorio, offre diversi spunti per delle passeggiate nella natura, in scenari di impareggiabile bellezza. Tra le zone più frequentate dagli escursionisti c’è quella di monte Cofano, con una ampia scelta di percorsi. Un itinerario non molto conosciuto, ma che offre spunti per un trekking dal forte impatto paesaggistico, è quello della “Scaletta Maruzza”, lungo un’antica mulattiera con suggestivi scorci sul golfo di Macari, un tempo utilizzata dagli abitanti della zona per i loro spostamenti tra una località e l’altra. Ed a metà strada, in una insenatura nella roccia, si trova anche un piccolo altarino con una statua raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, dove è possibile recitare una preghiera leggendo la “Coroncina al Sacro Cuore di Gesù”. Del resto, un po’ tutti i sentieri di Cofano sono contraddistinti dalla presenza di immagini religiose, come le piccole croci che si trovano nei massi lungo il sentiero che porta alla Cappella del Santissimo Crocifisso. O la stessa edicola di San Nicola, un bassorilievo in pietra locale e calce che si affaccia nel litorale Nord, alle pendici di monte Cofano, lungo l’itinerario che collega Cornino con la Torre della Tonnara di Cofano. Segno di quanto queste “stradine” fossero trafficate anticamente. Oggi sono diventate un luogo di quiete e pace, dove immergersi nella natura con il sottofondo della risacca che si infrange sulla scogliera sottostante.
trekking-tra-le-muccheLa mulattiera della “Scaletta Maruzza”, con la sua caratteristica pavimentazione, i muretti ed i gradoni in pietra, permette di raggiungere il golfo di Macari partendo da Baglio Cofano o da Cornino, “tagliando” dal promontorio piuttosto che fare l’itinerario costiero attorno alla montagna. Oggi si presta a delle meravigliose escursioni, in una zona che non è molto battuta, dove è facile imbattersi in mucche al pascolo, passando dal blu del mare al verde delle campagna. Un trekking praticamente alla portata di tutti fatto di salite e discese, ma non superando mai i 250 metri di quota. I punti di partenza sono tre: o dal Tuono, alla fine del litorale del Golfo di Macari; o dal Baglio Cofano, percorrendo la strada della zona industriale di Custonaci; o dalla Baia di Cornino, prima dell’ingresso ufficiale della Riserva, salendo praticamente lungo la strada che porta alla Grotta Mangiapane ma proseguendo dritto lungo il sentiero che passa per una vecchia cava dismessa per raggiungere, attraverso una bella salita con lo sfondo del golfo di Bonagia, la “sella”, dove si trova gorgo Cofano, una fossa circolare in inverno piena di acqua piovana, regno di piccoli crostacei e rane. Nella zona ci sono anche delle sorgenti d’acqua dolce, il più grande dei quali si chiama “Pozzo della rocca”, con al suo interno anche dei pesci rossi. La “sella” è un punto di snodo. Da qui è infatti possibile imboccare tre sentieri: quello che sale a pizzo Cofano, sulla cima della montagna a 659 metri di altezza; il percorso che porta alla Torre della Tonnara e l’itinerario, località molto frequentata dai bagnanti durante l’estate, caratterizzato da un mare limpido e pulito; infine c’è il sentiero della “Scaletta Maruzza”, che scende lungo la mulattiera che arriva alla costa del Golfo di Macari. Naturalmente questo viottolo si può fare anche al contrario, in salita, meglio se di mattina presto, con il sole ancora basso che illumina la rocca del Tuono, regalando delle particolari tonalità rossastre.

 

 

(foto e testo di Mario Torrente)

 

La sottosezione del Cai di Erice ha aperto le escursione del 2018 con un primo appuntamento davvero suggestivo nell’area archeologica del Parco di Segesta, con un percorso attorno a Monte Barbaro, un massiccio calcareo di 423 metri da cui si dominava tutto il territorio circostante. Il percorso, nelle terre che furono degli elimi, si è snodato per un tratto iniziare di tre chilometri in direzione est verso il Santuario di contrada Mango, datato tra il VI-V sec. a.C.: si tratta un antichissimo sito archeologico dove si possono osservare le tracce del témenos, un recinto sacro di 47 per 83 metri dove sono ancora evidenti i muri monumentali. All’interno dell’area si trovano i resti di edifici sacri rinvenuti nel corso di recenti scavi: rocchi di colonna, triglifi, capitelli dorici. E’ un posto davvero particolare, avvolto nei silenzi e lontano dal frastuono della città, avvolto dalla natura e con un paesaggio che guarda all’entroterra della provincia di Trapani. Qui ogni pietra pulsa storia e si riesce a cogliere davvero il senso dell’antichità racchiuso in questo grande perimetro, di probabile origine elima. Risalendo il versante sud-ovest gli escursionisti hanno continuato per circa un chilometro lungo l’antico sentiero che si apre lentamente sul vallone della Fusa, che separa Monte Barbaro da Monte Pispisa, sicuramente uno dei tratti più suggestivi di questa escursione autenticamente tra natura e storia, con panorami davvero mozzafiato a strapiombo sul letto del torrente culminate con le prospettive sul lato Sud Est del tempio dorico del V sec. a.C. La risalita verso la cima di monte Barbaro è andata avanti fino al Teatro della metà del II sec. a.C. con la sua apertura verso monte Inici ed il panorama circostante tra il territorio della provincia di Trapani e quello del Palermitano. Il gruppo si è quindi diretto verso il tempio, concludendo la visita tra le maestose colonne dell’antichissimo monumento.

 

(foto Mario Torrente)